A 138 centimetri dal mondo

Spettacolo teatrale "A 138 centimetri dal mondo" con Barbara Fingerle, attrice di Bolzano

Barbara Fingerle attrice

A 138 centimetri dal mondo

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Testo e regia di Antonio Viganò
Tecnico, Claudio Ansaloni

Barbara Fingerle è un’attrice di Bolzano. Un’attrice come tante altre attrici ma ha una particolarità unica, tutta e solo sua: è alta 138 cm. Da questa sua particolarità nasce la necessità di uno spettacolo per raccontarsi e raccontare al mondo come si vede lo stesso da quell’altezza. Nasce così uno spettacolo che, con ironia e leggerezza, racconta come è difficile, a volte, accettare una propria particolarità e conquistarsi uno spazio nel mondo. Una sorta di autobiografia, un monologo tra il divertimento e l’amarezza, per raccontare momenti intimi della propria infanzia e la lotta nel presente per accettarsi e farsi accettare. Il mondo, visto da quell’altezza, a volte è ridicolo, ti fa sorridere, altre volte è triste, umiliante, e ti costringe ad una vita piena di sorprese. Se poi, nell’immaginario collettivo, essere piccoli equivale ad essere nani, viene una gran voglia di distruggere quell’immagine, di svelare gli stereotipi che l’accompagnano, di massacrare tutti i nani da giardino che si incontrano.
Tutto questo con la maschera più piccola del mondo, il naso rosso, che ti permette di essere il ridicolo che si riscatta, l’anti eroe per eccellenza, che fa ridere di sé perché chi guarda si rispecchia, si ritrova e, anche se da un’altra altezza, conosce quel ridicolo e quel aspetto comico del mondo. Le luci della ribalta e il sorriso stampato sul viso lasciano improvvisamente spazio alla verità della persona.

Recensione di Eugen Galasso
Cenerentola, luglio 2010

“Cosa vuol dire avere un metro e mezzo di statura, te lo rivelan gli occhi…”: così “Il giudice”, vecchia e ribalda canzone di De Andrè, quando ancora la sinistra, almeno in certi casi libertaria e garantista (con Fabrizio senz’altro), non correva dietro a magistrati forcaioli ecc… solo che i nani da quella canzone non uscivano molto bene, a dire il vero. Ora, co questa piece di Viganò, lombardo alfiere del teatro italiano ed europeo di ricerca, ma anche con la straordinaria corporeità di Barbara Fingerle, attrice e donna bella e bravissima, alta appunto la statura del titolo, il tema emerge in forma comico-grottesca-seria ma senza alcuna sbavatura di autocommiserazione (roba come “Dio quanto sono piccola” e simili) o di autocompiacimento (roba come “Sono brava, eh, anche se piccola di statura!”), narrandoci la vicenda di chi non è troppo alto…
Inevitabile il cenno alle terapie proposte (gli spaghetti al sugo, per due settimane, due volte al giorno, lo stiramento e via così), a quella volta che dovette sfilare in mutande quale “caso clinico da studiare-ammirare”, ai “Watussi” di Edoardo Vinello, che irrompe quasi al dare il La alla misurazione del pubblico (chi scrive è un po’ più alto dell’attrice, ma non è un gigante, quindi era stato risparmiato), ai nani da giardino, al ministro della funzione pubblica Renato Brunetta, che invita i sette nani della fiaba a lavorare e loro da bravi beoti, lo seguono… Un tratto, diremmo, quasi “rivoluzionario-libertario” di questa piace dura, implacabile, eppure così ariosa, da dove infatti arriva “Blu Moon” e c’è poi il simulacro-tempietto votivo di Sant’Obolo, “patrono” degli attori e dei nani, che è anche responsabile del fatto che Brontolo, Pisolo ecc. abbiano tutti nomi terminanti in “lo” (altri esempi:”Discolo”, nano disubbidiente, “Prendilo”, nano gai ecc.).
Col metro che diviene croce, col vangelo secondo sant’Obolo, il nanismo diventa una saga, un poema, un cruccio che può essere trastullo, motivo intelligente per ridere di sé. Quanto poco lo facciamo, fuori del teatro! Si è sempre compassati, scioccamente tristi, anche quando vorremmo sbottare in una sana e irresistibile risata. “La vita è una serie di sciocchezze e meschinità prese sul serio”, mi diceva un saggio italo-francese, ma all’epoca non lo capivo; ora, dopo aver letto e riflettuto non poco, ma anche, o soprattutto, alla luce di questo spettacolo, il concetto mi diventa chiaro non solo razionalmente, ma “carne e sangue”, una presenza “piccola”, ma insistente, direbbero il regista-autore e l’attrice…che con parole di qualcun altro racconta la propria storia (ma non solo.
Una sfida incredibilmente bella, giocata sulla pelle, a conferma del grido di César Brie, grande attore-autore argentino, per anni attivo con l’Odin Teatret e ora col suo Teatro de los Andes boliviano, visibile anche da noi: ”Prendete e mangiatene tutti, questo è il corpo di un attore!”. Dove anche la rampogna contro l’associazione per la liberazione dei nani dal giardino, contro la Disney e contro Brunetta non è mai, chiaramente, un semplice lazzo clownesco avulso da un contesto. Con pochissimi oggetti scenici e la raffinata arte da “commedia dell’arte”, che invero era questo, Barbara Fingerle incanta e diletta, ma fa anche pensare i pubblici di buona parte d’Italia con uno spettacolo aspro e in qualche modo sublime.

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